È opportuno prepararsi all’onda del ritorno.
Quando gradualmente usciremo fuori dal pandemonio della pandemia poco o niente sarà come prima.
Il propellente energetico, liberato dall’angoscia (manifesta o nascosta) che ha occupato uno spazio importante delle nostre giornate e delle nostre notti, potrà catapultare molti ad aspirazioni illusorie di ritorno a un passato bruscamente interrotto.
Una corsa di massa verso delusioni e conflitti.
È opportuno evitarlo quel che si può, attivando un atteggiamento accorto che faccia leva sulla nostra capacità di tenere i piedi per terra, gli occhi aperti e il cuore amico e padrone dei nostri sogni.
Altri si sentiranno probabilmente smarriti incontrando una propria inclinazione a frenare invece che ad accelerare.
L’abitudine obbligata al ritiro ha attivato l’accomodamento in perimetri protettivi, procrastinando attività psicologicamente onerose.
La mascherina è stata per molti una protezione non solo sanitaria.
Il movimento del corpo in molti casi farà fatica a riprendere spazio dopo la parziale inedia energetica e le difese attrezzate a mentalizzare l’energia vitale non cederanno in tempi brevi.
L’apertura non sarà quindi immediatamente benvenuta: bisognerà abbracciare la gradualità.
La realtà che si presenterà sarà un caleidoscopio di nuove e vecchie immagini: discernere e intraprendere le nuove occasioni sarà la nostra opportunità.
Il pericolo come sempre sarà quello di farci indirizzare dai nostri schemi nascosti e preconfezionati, fatti d’immagini e ideologie transitate definitivamente sugli scenari del passato.
L’organizzazione del lavoro, con il nuovo ruolo dell’attività da remoto, è già esperienza presente per molti.
Il “nuovo“ tuttavia deve ancora differenziarsi e farsi strada.
L’ardore “smartworkinista”, che ha investito le moltitudini, ha trovato linfa “vitale” nella sublimazione di angosce profonde e spesso inconsapevoli: morte, ipocondria, reclusione, vuoti “surreali” di tempo libero...
Ma quando si apriranno i cancelli e le vaccinazioni avranno fatto il loro effetto placebo, insieme a quello di prevenzione sanitaria, l’ardore compensatorio sarà spompato, come appare in parte già ora.
Organizzare il nuovo lavoro, rendendo davvero smart il lavoro da remoto, sarà l’impresa.
Il Covid avrà allora accelerato e trasformato quello che già germinava.
Come pure potrà accadere in altri campi trasversali e adiacenti, come quelli della Comunicazione e dell’Educazione, ove vi è stato (e vi sarà) un frullato ibrido di elementi obsoleti e inediti.
La digitalizzazione della comunicazione e della didattica a tutti i livelli, dalla scuola primaria alla formazione universitaria, dovranno uscire dalle secche inquiete dell’emergenza, per approdare a un terreno più solido di coniugazione di competenza e competitività.
Un terreno fondato sulla conoscenza e sul rispetto della scienza e della coscienza, piuttosto che sul minuto “sapere” meccanico-mnemonico.
Tutto il settore della ristorazione, del benessere e dell’organizzazione del tempo libero si troverà in un vortice di scelte inevitabili, ove potranno prevalere proposte qualificanti e audaci, in luogo di abitudini viziose e viziate, nella direzione della salute consapevole piuttosto che in quella dell’immagine accattivante.
Nel campo delle professioni più specificamente d’aiuto, il bagaglio di esperienze di grande coinvolgimento “umanitario” e insieme “professionistico” dell’emergenza Covid, potrà dare impulso all’affinamento delle competenze e delle competitività.
Dovrebbe prevalere la direzione dell’interazione e integrazione delle conoscenze tecniche e delle capacità di comprensione empatica del cliente, abbandonando schemi obsoleti improntati a stili basati sul potere del ruolo e sul prestigio dell’immagine “quantitativa”.
E noi psicologi non resteremo immobili a guardare...