Come sta il corpo nella rete? FT, 21.4.15
come sta il corpo nella rete?
vive nuove opzioni vitali
o-e ne è imprigionato?
quanto e quando?
il corpo siamo noi...
Questi frammenti fatti di poche parole e associati ad un'immagine, mirano ad attrarre ognuno verso le proprie aree d'interesse, sulla base delle proprie coordinate emozionali e cognitive.
La Mappa collegamenti di ogni frammento, come anche quella alla fine di altri testi, intende consentire un approfondimento graduale, attraverso i vari passaggi suggeriti e a quelli che il lettore stesso potrà intuire.
se ci mettiamo in vetrina
proprio noi
che facciamo da specchio...
penso...
potrebbe diventare un controsenso
mercoledì 20 novembre alle ore 21 alla Casa della Cultura di MIlano:
Enrico Finzi e Freddy Torta dialogheranno sul tema RIAPPROPRIARSI DI SE'
un confronto tra l'approccio dello Human Tuning e dell'Analisi Bioenergetica
aperto al dialogo con i presenti
La vita ridotta
Viviamo ridotti... tendenzialmente unidirezionati.
La cultura dominante, attraverso la famiglia, la scuola
e l’organizzazione sociale del lavoro e del tempo “libero“,
ci indirizza verso una vita che tende a trascurare
proprietà fondamentali dell’essere umano.
Quali?
Una mappa generale delle proprietà a rischio
- Il piacere di sentirsi vivi.
- Il riconoscimento della propria unicità personale.
- L’espressione autentica di sé e l'autoregolazione.
- L’amicizia con se stessi e con il proprio mondo emozionale.
- La valorizzazione delle cose elementari.
- La gioia della connessione con la rete dei propri affetti.
Ri-costruire la propria mappa personale
Ri-appropriarsi significa raccogliere proprietà che non utilizziamo.
Innanzitutto bisogna ri-conoscerle.
Come ri-costruire una mappa? Dove andare a ri-cercare?
Ognuno può trovare i suoi input particolari dalla propria vita.
Esistono comunque delle direzioni e degli strumenti comuni.
l'articolo intero nella sezione ARTICOLI:
Spunti per una discussione tratti da
https://www.freddytorta.com/scritti/articoli/10-le-ali-della-farfalla
(Riflessioni su transfert e controtransfert sessuale nel setting psicoterapeutico)
Il contratto sessuale (percorso di lettura veloce del font evidenziato 2 minuti)
La prima cosa da dire è che per noi vale quanto si legge nell’articolo 28 del codice deontologico.
Lo psicologo evita commistioni tra ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.
Merita a mio parere fare alcune considerazioni su un codice di comportamento sessuale, che potremmo chiamare “contratto sessuale”, definibile nel contratto iniziale che stabilisce le regole del setting psicoterapeutico.
“Non ci saranno mai rapporti sessuali tra noi…ci potranno essere momenti di contatto corporeo, ma in ogni caso da parte mia il contatto non sarà mai un approccio sessuale…”
Queste più o meno le parole che io uso con le clienti all’inizio della terapia.
È una norma che mi sono dato tanti anni fa e che negli ultimi anni mi sono chiesto se mantenere, data la mia età avanzata: mi sembrava inappropriato presentare a una giovane donna l’immagine di un rapporto sessuale con me. Ho deciso però di mantenerla: considerando che l’abuso non ha limiti di età.
Ho imparato il “contratto sessuale” da una terapeuta americana, insegnante nel training di bioenergetica che ho frequentato tanto tempo fa…
Mentre ce ne parlava, ci spiegava tra l’altro di come si fosse sentita sempre molto protetta da quella regola, anche in quell’occasione in cui un cliente molto affascinante, ed anche molto bello, le aveva dichiarato una forte pulsione sessuale nei suoi confronti …
“Forse mi pentirò tutta la vita di avere stipulato quel contratto sessuale” – raccontava scherzando.
Qui si può fare una riflessione.
Essere rifiutati sessualmente per alcune persone è una ferita grande, perché di solito va a toccare una grande ferita precedente: riceverla dal proprio terapeuta può essere, a livello profondo e spesso inconscio, una specie di colpo di grazia, o meglio di disgrazia.
Il contratto sessuale protegge, io credo, il narcisismo ferito almeno in parte, ritengo in grande parte.
Come si sarà sentito quell’uomo affascinante? Non possiamo saperlo.
Certo qui il rifiuto era un evento annunciato, risaputo, che avrebbe riguardato chiunque altro, non solo lui, indipendente quindi da un suo comportamento.
Non dico che ne sia stato contento, ma credo alleggerito.
Mi ricordo di quando, ai tempi d’oro della mia terapia bioenergetica, nel mezzo di una seduta di lavoro su respiro e bacino, la mia terapeuta mi chiese, come sempre usava fare: “Cosa senti, Alfredo?”
Ed io come sempre sincero: “Sento muoversi una grande energia nell’area genitale…un piacere…”
Allora lei, sorridente ed accogliente come una Fata Turchina: “Che bello!!”
Qui non sto a farla lunga sulla mia storia sessuale infantile, su un Pinocchietto che doveva raccontare le sue bugie, in materia sessuale: dico solo che mi è piovuta dal cielo dei suoi occhi un’onda di guarigione della ferita sessuale vissuta con mia madre.
Cosa sarebbe stato se anche lei si fosse spaventata dell’energia sensuale e sessuale, che muoveva improvvisa e inaspettata dal movimento ingenuo del mio corpo, e avesse risposto con un muro di silenzio?
Con queste cose sottili e delicate abbiamo a che fare nel setting terapeutico: il palpitare delle ali di una farfalla.
Quanto alla protezione che il contratto sessuale può dare nel setting terapeutico, dal punto di vista della libertà con la quale potere lavorare, la mia esperienza è molto confortante.
Ho potuto abbracciare un pianto viscerale ed infantile di una donna che stava abbracciata a me, sentire col mio corpo il seno sussultare e spesso anche il bacino, in un contatto che non aveva nessuna valenza di interazione sessuale: che grande libertà per tutti e due…e per il viaggio della terapia nel territorio del dolore infantile.
Lo stesso posso dire di vari casi in cui c’è stato un attacco di panico e la cliente sembrava non riuscire a respirare: “Stringiti forte a me e grida…e respira con me” … E sentire il mio petto che si muoveva contro il suo in un respiro dapprima forzato che quasi sempre poi diventava pianto.
Che libertà e che liberazione, senza paura della confusione di natura sessuale!
Quanta libertà ho potuto dare e sentire nel proporre ad una mia cliente, nei momenti appropriati, di venire a sedersi in braccio a me, oppure anche soltanto prendersi e dare tutta la libertà di abbracciare, con “tutto” il corpo e con tutto il cuore, senza paura di naufragare nel sessuale…
L’interazione sessuale nel setting terapeutico
(percorso di lettura veloce del font evidenziato 3 minuti e mezzo)
In generale mi sembra di riscontrare, nella nostra cultura occidentale, un modo di vedere la sessualità come luogo separato della personalità adulta, una specie di parco giochi pieno di attrazioni, un’avventura fantasy, un passatempo caratterizzato da un atteggiamento consumistico del proprio corpo e di quello dell’altro.
Come se non ci fosse continuità tra sensi, sentimenti e immagini mentali e non fosse possibile, pertanto, imboccare una via che ci porti a una qualche sinergia tra l’onda del nostro magma viscerale e un’inclinazione verso un piacere solidale con il benessere proprio e dell’altro.
Un benessere fatto di amor proprio che sappia dialogare con l’amor proprio dell’altro, con sintonia e rispetto.
Non una perfezione, ma una propensione che si può coltivare con un lavoro di consapevolezza e padronanza, ovvero di capacità di governare il proprio piacere.
Una propensione ancor più realizzabile in coloro che, come gli psicoterapeuti, abbiano “messo insieme”, con continuo lavoro, queste proprie diverse dimensioni psicocorporee.
Con questo non voglio dire che sia sempre cosa facile.
La psicoterapia è sempre un viaggio che scende nel profondo dell’inconscio e nella direzione dell’infanzia: nella preistoria viscerale dove si è perduta una parte di noi.
Ci sono due viandanti: uno è il protagonista, l’altro è la scorta.
È indubbio che una scorta è sempre esperta, ha fatto già un suo viaggio ed ha seguito quello di altre persone, ma un viaggio non è un viaggio se non c’è un precipizio, un giorno di burrasca, una notte in tempesta.
Il viaggio alla ricerca di quel mondo, perduto dentro, attraverserà le burrasche e le tempeste, si fermerà dubbioso dinnanzi a paesaggi solitari, ai piedi di montagne troppo alte, lungo le piste di deserti lontani, correrà lungo sentieri che si affacciano ai tanti precipizi segnati in fondo al cuore.
Diversamente, ma pure sempre insieme, i nostri due viandanti si sentiranno scuotere di dentro e saranno legati a “doppia corda” nel transfert e controtransfert.
Il viaggio è un viaggio dentro: e dentro ci sono tutte le emozioni antiche e nuove, che anche per la scorta si rinnovano sempre, in forma il più delle volte conosciuta, ma immanente: che vuol dire in sostanza con tutta la forza presente.
E dunque nel qui ed ora si rinnova ogni cosa già vissuta ed è di competenza della scorta, che è poi un professionista ben formato, la qualità di essere presente e governare le forze del passato del suo cliente e proprie.
L’impegno è garantito, anche se l’esito non è scontato.
Questo perché le forze del passato dell’energia sessuale hanno avuto una storia ben confusa nella storia sociale e familiare del mondo occidentale, in forma certamente diversa per ognuno, ma comunque diffusa.
Ci vuole dunque un buon lavoro, centrato sul “buon senso”: ovvero sapere percepire sufficientemente bene i movimenti sessuali transferali: che sono infantili perché il setting, diciamo pure il luogo e la relazione, sono quelli del viaggio nell’infanzia, non quelli della vita mondana.
Un senso buono quindi che sappia cogliere, con tenerezza e con delicatezza, il palpito delle ali della farfalla che si va a posare in tutta la sua fragile bellezza e nella meraviglia dei freschi colori dell’infanzia, sulla tiepida mano dell’accoglienza…che sappia riconoscere che, se la tocchi, tutto si rovina e la farfalla muore.
Certo che è un’emozione che può scuotere…certo che quel momento tacito di leggerezza ha quasi del divino e se non sei presente pienamente ti puoi credere un dio…ma è proprio dell’umano la forza della consapevolezza…
Lo so che qualche volta ci potrà essere il rischio di fare come Orfeo, che pur sapendo si volta per toccare coi suoi occhi la perduta Euridice…e la perde per sempre…
Ma insomma tutti i miti, tutte le storie e tutte le esperienze di tutti questi secoli, di tutti i nostri anni, saranno pur d’aiuto!
E di aiuto ci sarà il nostro corpo e quello della nostra cliente (uso qui il femminile per riferirmi alla mia esperienza personale).
Riscontro pur sempre che serpeggia ancora un pregiudizio che porta dritto nel senso opposto, molto lontano dalla nostra realtà di psicoterapeuti che lavorano anche con il corpo.
Sembra quasi che il contatto col corpo, in senso lato come vicinanza, attenzione, riferimento, e in senso stretto come contatto fisico, che poi è fatto di numerosi differenti casi, sia una forte sollecitazione a restare imbrigliati nella spirale della seduzione.
Non voglio negare che possa capitare che l’attrazione si faccia sentire …
Non siamo manichei che non si vogliono dannare con il sesso e nemmeno dei manichini…ma grazie alla nostra formazione professionale, siamo in grado di sentirci in sintonia con le “bambine” e “i bambini” che vivono nel cuore delle donne e degli uomini che hanno scelto di fidarsi di noi.
Il palpitare delle ali della farfalla del corpo infantile, con tutta la freschezza, anche sessuale, fa vibrare i sensi e i sentimenti, e tutto il resto segue l’itinerario di quel “buon senso” che è nella terapia: volere il bene della persona che sta crescendo anche grazie a noi, che abbiamo imparato per lunga formazione a leggere nel corpo i messaggi del tempo dell’infanzia.
Per noi che lavoriamo con il corpo, è più difficile restare intrappolati nelle immagini della seduttività dell’apparenza: un tacco a spillo, una gonna attillata, una scollatura generosa, per quanto eventi non frequenti nella mia esperienza, non finiscono per diventare una buccia di banana sexy, ma orpelli piuttosto inessenziali, anche se certamente interessanti, a confronto del corpo, con il suo movimento e il suo respiro, le sue tensioni e le sue trasformazioni legate alle emozioni.
E ancorati al “buon senso” e al sentimento sono anche i movimenti nel nostro corpo “psicoterapeuta”.
“Oltre le idee di giusto e sbagliato, c’è un campo. Ti aspetterò lì “ - Rumi 1207-1273
(percorso di lettura rapido in grasseto-corsivo 12 minuti)
Percezione
“Quando guardiamo un'altra persona, possiamo vederne i movimenti e gli effetti dei movimenti sulla persona e l'ambiente, ma non possiamo vederne le percezioni.” (1)
Sembra scontato, ma con questo dobbiamo fare i conti…
Il terapeuta potrà osservare il paziente ma non potrà percepirne le percezioni.
Questo può servirci da monito per una relazione improntata all’umiltà “scientifica”:
lo psicoterapeuta può solo limitarsi modestamente alla facilitazione del percorso del paziente nella direzione dell’osservazione e riorganizzazione delle proprie percezioni di sé e del mondo.
La percezione inoltre è sempre influenzata da fattori soggettivi, da schemi mentali ed emozionali strutturati in seguito ad esperienze passate.
In psicoterapia, questo significa che i terapeuti, come i pazienti, potrebbero non essere consapevoli di come le loro percezioni possano essere distorte in quanto influenzate da questi schemi.
La percezione è in effetti un processo attivo di organizzazione ed interpretazione delle sensazioni:
il cervello elabora le informazioni sensoriali e le integra con le esperienze passate, dando un significato soggettivo agli stimoli.
Distorsioni percettive
Le distorsioni percettive non riguardano tanto la percezione sensoriale diretta, ma il processo di interpretazione degli stimoli percepiti.
Sono fenomeni comuni nella vita quotidiana e possono influenzare profondamente la nostra interazione con gli altri.
Le distorsioni percettive sono trappole cognitive che possono contribuire a disturbi psicologici.
In psicoterapia identificare e correggere le distorsioni percettive è un passo fondamentale per aiutare i pazienti a sviluppare una visione più realistica del mondo.
Le psicoterapie moderne trattano le distorsioni percettive con un lavoro che mira a modificare o regolare la percezione, cercando di identificare come i pensieri disfunzionali automatici possono alterare la percezione di sé e degli altri.
Tipi di distorsioni percettive
Esistono diverse categorie di distorsioni percettive, queste alcune delle più comuni:
-selettività percettiva (vedere l’albero e non la foresta): si verifica quando ci concentriamo su alcuni aspetti di un’esperienza e ne ignoriamo altri.
In pratica, tendiamo a selezionare solo o soprattutto una parte delle informazioni sensoriali che riceviamo e a ignorare o minimizzare altre parti.
-selezione negativa: si verifica quando ci concentriamo su un solo aspetto negativo di una situazione, ignorando tutti gli altri aspetti positivi.
È una forma di focalizzazione su un dettaglio eccessivamente negativo che dà un'idea distorta dell'intero evento.
Esempio: Una persona che è molto ansiosa potrebbe concentrarsi esclusivamente su segnali che suggeriscono pericolo o minaccia, ignorando altri segnali rassicuranti.
-generalizzazione: proiettare un'esperienza limitata su una realtà più ampia, senza tener conto delle differenze o delle sfumature.
Esempio: Se una persona avesse una discussione conflittuale con un collega, potrebbe generalizzare questa esperienza e pensare che tutti i suoi colleghi siano ostili.
-massimizzazione e minimizzazione: gonfiare o ridurre eccessivamente l'importanza di certi eventi, in modo che il loro impatto emotivo o cognitivo venga esagerato o ridotto a dismisura.
Ad esempio, una persona può pensare che un errore rovinerà la sua reputazione.
Al contrario, una persona può sminuire una propria conquista, pensando che "non sia stato un grande risultato" anche se ha ottenuto un successo significativo.
-pensiero dicotomico (tutto o niente): implica la percezione degli eventi come assoluti, senza considerare le sfumature o le zone grigie.
In questo caso, le cose sono viste solo come “tutto” o “niente”, “buone” o “cattive”.
Esempio: Un paziente con depressione potrebbe pensare: “Se non ottengo il lavoro che voglio, la mia vita è un fallimento totale.”
-lettura del pensiero: si assume che gli altri stiano pensando qualcosa che noi sappiamo già senza avere prove concrete: questo può portare a una percezione distorta delle intenzioni altrui.
Funziona spesso in senso negativo: si assume che gli altri stiano pensando qualcosa di negativo o di giudicante nei nostri confronti.
-Metodo oppositivo: si contrappongono cose che possono coesistere, con modalità avversativa invece che coordinativa (uso del “o…o” al posto di “e … anche”).
-Etichettamento: si attribuisce un'etichetta globale a sé stessi o agli altri in base a un singolo comportamento. Esempio: se una persona commettesse un errore in un progetto, potrebbe etichettarsi come “fallito” o “inefficiente”.
Percezione ed emozioni
La percezione e le emozioni sono due processi psicologici strettamente interconnessi.
La percezione si riferisce al modo in cui raccogliamo e interpretiamo le informazioni provenienti dal nostro ambiente attraverso i sensi, mentre le emozioni sono risposte psicofisiche che emergono come reazioni a determinati stimoli.
Sebbene distinti questi due processi si influenzano reciprocamente.
Quando siamo attivati emozionalmente, il nostro cervello tende a focalizzarsi su determinati stimoli che sono in linea con il nostro stato emotivo, a discapito di altre informazioni.
Le emozioni orientano la nostra attenzione e selezione degli stimoli.
Quando siamo felici, possiamo notare e attribuire significato agli aspetti positivi della realtà, ignorando quelli negativi.
Al contrario, se siamo tristi o ansiosi, potremmo concentrarci su segnali minacciosi o negativi, enfatizzando gli aspetti del mondo che confermano i nostri timori e preoccupazioni.
La valenza emotiva di un’esperienza (positiva o negativa) può alterare la percezione degli stimoli associati: gli eventi emotivamente significativi vengono percepiti in modo più vivido e memorabile rispetto agli eventi neutri.
Gli umani sono esseri irrazionali che giustificano in modo razionale le proprie scelte:
“esseri emotivi che pensano, e non il contrario”, come scrive efficacemente Antonio Damasio nel suo libro L’errore di Cartesio.
La percezione in psicoterapia
In psicoterapia, lavorare con la percezione significa aiutare il paziente a esplorare e, se necessario, modificare il modo in cui interpreta sé stesso, gli altri e gli eventi esterni.
Le distorsioni percettive, conseguenti a esperienze di vita e meccanismi difensivi sono spesso al centro di molti disturbi psicologici: la percezione diventa una sorta di "filtro" che contribuisce alla costruzione di una realtà soggettiva disfunzionale.
Uno degli aspetti centrali è la comprensione di come la percezione del paziente sia influenzata da filtri personali, emotivi e cognitivi.
Un aspetto fondamentale della percezione in psicoterapia riguarda la percezione di sé.
Il modo in cui una persona percepisce sé stessa ha un impatto diretto sulla sua autostima, sulle sue relazioni interpersonali e sul suo benessere psicologico.
Nel trattamento psicoterapeutico, uno degli obiettivi principali è quello di aiutare il paziente a riconoscere le distorsioni e a ristrutturare la propria autopercezione.
La percezione degli altri è un altro campo in cui si manifestano distorsioni e fraintendimenti.
La percezione delle intenzioni degli altri e la costruzione delle relazioni dipendono da come vengono letti il linguaggio del corpo, le espressioni facciali, la prossemica, il tono della voce,
il comportamento verbale e gli altri segnali sociali.
Comprendere come il paziente percepisce gli altri, aiutandolo a rivedere le sue convinzioni e interpretazioni, è essenziale per aiutarlo a migliorare la comunicazione interpersonale e la gestione delle emozioni nelle relazioni.
In psicoterapia, lavorare sulla percezione implica riconoscere e modificare le distorsioni che spesso limitano il funzionamento del paziente, aiutandolo a vedere il mondo in modo più funzionale.
L'approccio dipende dal modello teorico seguito, ma ci sono alcuni principi comuni.
C’era una volta un mio amico, si chiamava Attilio Gardino: tra le tante cose che faceva amava stupire gli altri con la sua intelligenza.
A volte si spingeva così in alto che io non lo capivo più, eppure sono intelligente anch’io…
Allora gli dicevo Attilio vieni giù!
Lui rideva sotto i suoi bei baffi e si vedeva che si aspettava che fossi io a dovere salire su.
Da cinque anni ormai se ne è andato, non so se giù o su: lo voglio ricordare
provando ad impegnarmi in una ascesa verso alcuni picchi del suo pensiero.
Auspico una cordata di volontari pronti a meditare con me su una sua conferenza tenuta nel novembre del 2016 , intitolata “I vestiti dell'imperatore, ovvero l’utopia della realtà” : una vetta stagliata sul cielo terso della sua passione per l’astrazione.
Cominciava con una fiaba di Hans Christian Andersen, che dava per scontato fosse ben conosciuta e che per sicurezza io voglio raccontare.
Molti anni fa viveva un imperatore che amava avere sempre bellissimi vestiti nuovi, tanto da usare tutti i suoi soldi per vestirsi elegantemente….
Nella grande città in cui abitava ci si divertiva molto: ogni giorno giungevano molti stranieri.
Una volta arrivarono due impostori: si fecero passare per tessitori e sostennero di saper tessere la stoffa più bella che mai si potesse immaginare.
Non solo i colori e il disegno erano straordinariamente belli, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili agli uomini che non erano all'altezza della loro carica e a quelli molto stupidi.
"Sono proprio dei bei vestiti!" pensò l'imperatore.
"Con questi potrei scoprire chi nel mio regno non è all'altezza dell'incarico che ha, e riconoscere gli stupidi dagli intelligenti."
Diede quindi ai due truffatori molti soldi, affinché potessero cominciare a lavorare.
Questi montarono due telai e fecero finta di lavorare, ma non avevano proprio nulla sul telaio. Chiesero la seta più bella e l'oro più prezioso, ne riempirono le borse e lavorarono con i telai vuoti fino a notte tarda.
“Mi piacerebbe sapere come proseguono i lavori per la stoffa” pensò a un certo punto l’imperatore “manderò il mio vecchio bravo ministro dai tessitori: lui potrà certo vedere meglio degli altri come sta venendo la stoffa, dato che ha buon senso e non c'è nessuno migliore di lui."
Il vecchio ministro entrò nel salone dove i due truffatori stavano lavorando con i due telai vuoti.
"Dio mi protegga!" pensò, e spalancò gli occhi "non riesco a vedere niente!"
Ma non lo disse.
Entrambi i truffatori lo pregarono di avvicinarsi di più e chiesero se i colori e il disegno erano belli, indicando i telai vuoti.
Il povero ministro continuò a sgranare gli occhi, ma non poté veder nulla, perché non c'era nulla.
"Signore!" pensò "forse sono stupido? Non l'ho mai pensato ma non si sa mai.
Forse non sono adatto al mio incarico? Non posso raccontare che non riesco a vedere la stoffa!"
"È splendida! Bellissima!" disse il vecchio ministro guardando attraverso gli occhiali. "Che disegni e che colori! Sì, sì, dirò all'imperatore che mi piacciono moltissimo!"
Gli imbroglioni richiesero altri soldi, seta e oro, necessari per tessere e si misero tutto in tasca: sul telaio non giunse mai nulla, e loro continuarono a tessere sui telai vuoti.
L'imperatore inviò poco dopo un altro onesto funzionario per vedere come proseguivano i lavori e quanto mancava prima che il tessuto fosse pronto.
A lui successe quello che era capitato al ministro: guardò con attenzione, ma non c'era nulla da vedere se non i telai vuoti, e difatti non vide nulla, lodò la stoffa che non vedeva e riferì poi all'imperatore: "Sì, è proprio magnifica."
Tutti in città parlavano di quella magnifica stoffa, tutti sapevano che straordinario potere avesse e tutti erano ansiosi di scoprire quanto stupido o incompetente fosse il loro vicino.
L'imperatore volle quindi vederla personalmente mentre ancora era sul telaio.
Con un gruppo di uomini scelti, tra cui anche i due funzionari che già erano stati a vederla, si recò dai furbi truffatori che stavano tessendo con grande impegno, ma senza filo.
"Non è magnifica?" esclamarono i due bravi funzionari.
"Sua Maestà guardi che disegno, che colori!" e indicarono il telaio vuoto.
"Come sarebbe!" pensò l'imperatore. "Io non vedo nulla! È terribile! sono forse stupido? o non sono degno di essere imperatore?"
"Oh, è bellissima!" esclamò e ammirava, osservandolo soddisfatto, il telaio vuoto.
Tutto il suo seguito guardò con attenzione, e tutti dissero ugualmente: "È bellissima" e consigliarono all’ imperatore di farsi un vestito con quella nuova meravigliosa stoffa e di indossarlo al corteo che doveva avvenire entro breve tempo.
Tutta la notte che precedette il corteo i truffatori restarono alzati con sedici candele accese: così la gente poteva vedere che avevano da fare per preparare il nuovo vestito dell'imperatore.
Finsero di togliere la stoffa dal telaio, tagliarono l'aria con grosse forbici e cucirono con ago senza filo, infine annunciarono: "Ora il vestito è pronto."
Giunse l'imperatore in persona con i suoi illustri cavalieri, e i due imbroglioni sollevarono un braccio come se tenessero qualcosa e dissero: "Questi sono i calzoni…e poi la giacca …e infine il mantello!" e così via.
"La stoffa è leggera come una tela di ragno! si potrebbe quasi credere di non aver niente addosso, ma e proprio questo il suo pregio!".
"Sì!" confermarono tutti i cavalieri, anche se non potevano vedere nulla, dato che non c'era nulla.
"Vuole Sua Maestà Imperiale degnarsi ora di spogliarsi?" dissero i truffatori "così le metteremo i nuovi abiti proprio qui davanti allo specchio."
L'imperatore si svestì e i truffatori finsero di porgergli le varie parti del nuovo vestito.
"Come le sta bene! come le dona!" dissero tutti.
"Che disegno! che colori! È un abito preziosissimo!"
"Sì -rispose l'imperatore- mi sta proprio bene!"
E si rigirò ancora una volta davanti allo specchio.
Quindi l'imperatore aprì il corteo sotto un bel baldacchino e i ciambellani che dovevano reggere lo strascico finsero di afferrarlo da terra e si avviarono tenendo l'aria, dato che non potevano far capire che non vedevano niente.
La gente che era per strada o alla finestra diceva: "Che meraviglia i nuovi vestiti dell'imperatore! Come gli stanno bene!".
Nessuno voleva far capire che non vedeva niente. Nessuno dei vestiti dell'imperatore aveva mai avuto una tale successo.
"Ma non ha niente addosso!" disse ad un certo punto un bambino.
"Signore sentite la voce dell'innocenza!" replicò il padre, e ognuno sussurrava all'altro quel che il bambino aveva detto.
"Non ha niente addosso! C'è un bambino che dice che non ha niente addosso!"
"Non ha proprio niente addosso!" gridava alla fine tutta la gente.
E l’imperatore rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò:
"Ormai devo restare fino alla fine."
E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era.
Attilio… guerriero delle idee…che vieni dal tuo mondo di astrazioni a dissestare il mio ordinamento intellettuale…e mi lasci confuso e te ne vai da dove sei venuto…Attilio, scherzi a parte, che cosa ci vuoi dire alludendo alla storia di questo imperatore?
...mi sono chiesto cosa sono questi vestiti che tutti dicono di vedere e che non ci sono ... come fa questo bambino a dichiarare una cosa così ovvia, cioè che il re è nudo?...
Il bambino vede la realtà fondamentalmente perché è ancora parzialmente fuori da un contratto sociale che lega tutti noi... *
Ah questa sì che la capisco bene…Attilio mio…quelli della favola vedono che non ci sono i vestiti, ma non hanno il coraggio di dirlo per paura di essere considerati stupidi e allora si immaginano che ci sia quello che loro non vedono e che dall’alto viene detto che c’è…e se viene loro il dubbio che sia tutto un imbroglio se ne stanno zitti per non perdere la loro credibilità…insomma accettano una menzogna per essere credibili…non credono alle proprie percezioni e credono a quello che si dice…roba da pazzi!...
gli schemi sociali ideologici, il pensiero dominante, cioè il modo di vedere il mondo, le convenzioni e le mode … sono i vestiti immaginari che offrono una copertura alla nuda realtà…e per ritornare alla realtà bisogna ritornare all’ingenuità dell’infanzia…
Ma dimmi ancora qualcosa che mi aiuti a elevare il mio bagaglio eclettico pragmatico…
...l’invito che vorrei farvi è di cercare di essere un po’ stupidi insieme, almeno un po’ ingenui, per guardare le cose che ci riguardano tutti i giorni...e con questa chiave di lettura porci la domanda...siamo sicuri che l’utopia è qualcosa che non c’è o magari è la realtà che non riusciamo mai a raggiungere?...
Il dialogo con lo specchio comincia nella meraviglia dell’infanzia: un insieme di proiezioni fisiche e psichiche. Lo stupore iniziale si trasforma solitamente e gradualmente in un gioco d’immagini percepite e immaginate, di elaborazioni mentali e comportamentali.
La mia esperienza personale può essere un esempio.
Verso i sei anni avevo inventato un nome per la mia immagine allo specchio: era Giuseppino un mio amico segreto.
Con lui parlavo di me e di lui, in dialoghi che davano voce a sentimenti e pensieri nascosti.
Avevo una madre e un padre presenti e positivi, tre fratelli minori vivaci e socievoli, ma c’era anche qualcosa che non andava, che non riuscivo a capire e di cui non mi sentivo di parlare.
Giuseppino rappresentava questo mio bisogno: con lui riuscivo a parlare.
Era l’incontro del mio “io consapevole” con “un altro me” nascosto e viscerale, in una dinamica di graduale integrazione.
Il dialogo allo specchio è stato per me formativo: mi ha aiutato a liberare e a solidificare alcuni aspetti della mia personalità.
Tuttavia lo specchio può essere anche deformativo.
Indubbiamente il controllo del nostro aspetto è di grande utilità, ma non bisogna dimenticare che non vediamo “come siamo” ma soltanto “come siamo allo specchio in quel momento”.
Noi allo specchio siamo diversi da noi nel mondo.
L’equivoco e la confusione sono molto diffusi e la mia professione mi mette in contatto con questa distonia e con le sue induzioni a costruzioni immaginative deformative del proprio sé, che in presenza di determinate condizioni strutturali possono concorrere a disequilibri comportamentali (ossessivi, narcisistici, paranoici, psicopatici).
Il setting psicoterapeutico può essere, per il paziente e per l'analista, uno specchio formativo che dialoga anche con le proiezioni “deformative”.
Da ANALISTI ALLO SPECCHIO Ritratti da Armando Rotoletti,
Ed. Moretti &Vitali, Bergamo dicembre 2023
Osservando le offerte formative delle varie scuole di formazione in psicoterapia, mi sono chiesto come potesse apparire ai potenziali candidati l’evidenza che le richieste di ore di psicoterapia individuale della nostra scuola fossero superiori alla maggior parte delle altre scuole.
Un legame con una tradizione che ci lega al passato?
Mi è venuta l’idea di interpellare l’Intelligenza Artificiale: ho chiesto al chatbot chatgpt di scrivere un breve articolo con titolo” L’importanza dell’analisi personale nella formazione dello psicoterapeuta”
Ne ho tratto la confortante conferma che l’analisi personale nella formazione psicoterapeutica è ritenuta fondamentale.
L’Intelligenza Artificiale con i suoi algoritmi che attingono dati da un database molto vasto, la classifica come condizione indispensabile.
Quindi la nostra Scuola, che la pone al centro della formazione, è radicata alla sua tradizione storica e insieme solidamente ancorata a un presente di avanguardia.
Qui di seguito il testo scritto “in collaborazione” con AI (CHAT GPT3) - tempo di lettura 4 minuti
L’importanza dell’analisi personale nella formazione dello psicoterapeuta
L'analisi personale è un elemento fondamentale nella formazione psicoterapeutica.
Si tratta di un percorso in cui lo psicoterapeuta in formazione esplora le proprie dinamiche inconsce per sviluppare una maggiore consapevolezza di sé, imparare a gestire il controtransfert e sviluppare una propria maggiore capacità di empatia e comprensione.
Consapevolezza di sé
L'analisi personale aiuta a esplorare i propri schemi emozionali, cognitivi e comportamentali inconsci, che contribuiscono alla produzione dei movimenti emotivi, dei comportamenti e dei pensieri consapevoli.
Una comprensione profonda di questi schemi è essenziale per individuare e comprendere i modelli relazionali personali, in modo da evitare che possano influenzare la relazione terapeutica e il lavoro con i pazienti.
https://books.google.it/books?id=K6N58pvMavoC&pg=PA92&lpg=PA92&dq=i+sogni+sono+autocurativi&source
La vita ridotta
Viviamo ridotti... tendenzialmente unidirezionati.
La cultura dominante, attraverso la famiglia, la scuola e l’organizzazione sociale del lavoro e del tempo “libero“, ci indirizza verso una vita che tende a trascurare proprietà fondamentali dell’essere umano.
Quali?
Una mappa generale delle proprietà a rischio
- Il piacere di sentirsi vivi.
- Il riconoscimento della propria unicità personale.
- L’espressione autentica di sé e l'autoregolazione.
- L’amicizia con se stessi e con il proprio mondo emozionale.
- La valorizzazione delle cose elementari.
- La gioia della connessione con la rete dei propri affetti.
Ri-costruire la propria mappa personale
Ri-appropriarsi significa raccogliere proprietà che non utilizziamo.
Innanzitutto bisogna ri-conoscerle.
Come ri-costruire una mappa?
Dove andare a ri-cercare?
Ognuno può trovare i suoi input particolari dalla propria vita.
Esistono comunque delle direzioni e degli strumenti comuni.
La direzione dell’attrazione
L’attrazione per gli altri che va dall’ammirazione all’invidia, è un ottimo indicatore di proprietà che abbiamo lasciato incolte e che vediamo nell’altro (spesso proiettando un nostro film che rende in parte immaginaria la relazione).
Questo si ritrova costantemente nella relazione d’amore.
È frequente vedere coppie in cui ognuno si sente attratto, di solito inconsciamente, da proprietà dell’altro che non ha coltivato in sè. Questo il più delle volte crea situazioni di parassitismo emozionale, con dinamiche contorte e tossiche.
Per fortuna ci sono anche casi in cui si raccoglie lo stimolo dall‘altro e, per una sorta di emulazione “coniugale”, si fanno crescere le proprie risorse.
Facciamo un esempio.
Uno dei due tende alla passività nella comunicazione stando perlopiù piuttosto in silenzio, mentre l’altro tende all’espressione anche invadente.
D’altro canto il primo sa ascoltare mentre il secondo non molto.
È possibile in una dinamica relazionale di questo tipo che ognuno individui nell’altro una propria risorsa non utilizzata sufficientemente ( “dovrei imparare a fare come lei/lui”)
Il più delle volte naturalmente l’individuazione della “direzione “ e l’emulazione non sono sufficienti per la ri-appropriazione.
Sono necessari gli strumenti per procedere.
Lo strumento del ricordare con emozione
Quali strumenti ci possono aiutare?
Torniamo al nostro esempio.
Se uno sta zitto e ascolta, probabilmente ha imparato a farlo nell’infanzia quando, nella posizione in cui si trovava in famiglia, questa era la modalità più agibile e utile.
La ripetizione di questo schema ha portato a una sua strutturazione caratteriale.
Per riacquistare la parte trascurata, in questo esempio quella dell’espressione “aggressiva” di sé, bisogna ritornare indietro.
Ricordare è uno strumento fondamentale.
Quanto più il ricordare è corroborato dalla “colonna sonora emozionale” dei vari vissuti, tanto più risulta efficace.
Le tecniche per ricordare con emozione sono varie: è preferibile comunque che venga coinvolto anche il movimento del corpo, che è la sede viscerale dell’emozione e che quindi smuove e può fare riaffiorare il materiale con cui ri-costruire.
Ricordare con emozione è parzialmente rivivere e ri-appropriarsi di parti di sé rimaste sopite.
La direzione del corpo
Il corpo ci offre varie direzioni di ricerca nel senso della ri-appropriazione.
Una gran parte delle potenzialità del nostro corpo sono sottoutilizzate.