Come sta il corpo nella rete? FT, 21.4.15
come sta il corpo nella rete?
vive nuove opzioni vitali
o-e ne è imprigionato?
quanto e quando?
il corpo siamo noi...
Questi frammenti fatti di poche parole e associati ad un'immagine, mirano ad attrarre ognuno verso le proprie aree d'interesse, sulla base delle proprie coordinate emozionali e cognitive.
La Mappa collegamenti di ogni frammento, come anche quella alla fine di altri testi, intende consentire un approfondimento graduale, attraverso i vari passaggi suggeriti e a quelli che il lettore stesso potrà intuire.
se ci mettiamo in vetrina
proprio noi
che facciamo da specchio...
penso...
potrebbe diventare un controsenso
mercoledì 20 novembre alle ore 21 alla Casa della Cultura di MIlano:
Enrico Finzi e Freddy Torta dialogheranno sul tema RIAPPROPRIARSI DI SE'
un confronto tra l'approccio dello Human Tuning e dell'Analisi Bioenergetica
aperto al dialogo con i presenti
La vita ridotta
Viviamo ridotti... tendenzialmente unidirezionati.
La cultura dominante, attraverso la famiglia, la scuola
e l’organizzazione sociale del lavoro e del tempo “libero“,
ci indirizza verso una vita che tende a trascurare
proprietà fondamentali dell’essere umano.
Quali?
Una mappa generale delle proprietà a rischio
- Il piacere di sentirsi vivi.
- Il riconoscimento della propria unicità personale.
- L’espressione autentica di sé e l'autoregolazione.
- L’amicizia con se stessi e con il proprio mondo emozionale.
- La valorizzazione delle cose elementari.
- La gioia della connessione con la rete dei propri affetti.
Ri-costruire la propria mappa personale
Ri-appropriarsi significa raccogliere proprietà che non utilizziamo.
Innanzitutto bisogna ri-conoscerle.
Come ri-costruire una mappa? Dove andare a ri-cercare?
Ognuno può trovare i suoi input particolari dalla propria vita.
Esistono comunque delle direzioni e degli strumenti comuni.
l'articolo intero nella sezione ARTICOLI:
C’era una volta un mio amico, si chiamava Attilio Gardino: tra le tante cose che faceva amava stupire gli altri con la sua intelligenza.
A volte si spingeva così in alto che io non lo capivo più, eppure sono intelligente anch’io…
Allora gli dicevo Attilio vieni giù!
Lui rideva sotto i suoi bei baffi e si vedeva che si aspettava che fossi io a dovere salire su.
Da cinque anni ormai se ne è andato, non so se giù o su: lo voglio ricordare
provando ad impegnarmi in una ascesa verso alcuni picchi del suo pensiero.
Auspico una cordata di volontari pronti a meditare con me su una sua conferenza tenuta nel novembre del 2016 , intitolata “I vestiti dell'imperatore, ovvero l’utopia della realtà” : una vetta stagliata sul cielo terso della sua passione per l’astrazione.
Cominciava con una fiaba di Hans Christian Andersen, che dava per scontato fosse ben conosciuta e che per sicurezza io voglio raccontare.
Molti anni fa viveva un imperatore che amava avere sempre bellissimi vestiti nuovi, tanto da usare tutti i suoi soldi per vestirsi elegantemente….
Nella grande città in cui abitava ci si divertiva molto: ogni giorno giungevano molti stranieri.
Una volta arrivarono due impostori: si fecero passare per tessitori e sostennero di saper tessere la stoffa più bella che mai si potesse immaginare.
Non solo i colori e il disegno erano straordinariamente belli, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili agli uomini che non erano all'altezza della loro carica e a quelli molto stupidi.
"Sono proprio dei bei vestiti!" pensò l'imperatore.
"Con questi potrei scoprire chi nel mio regno non è all'altezza dell'incarico che ha, e riconoscere gli stupidi dagli intelligenti."
Diede quindi ai due truffatori molti soldi, affinché potessero cominciare a lavorare.
Questi montarono due telai e fecero finta di lavorare, ma non avevano proprio nulla sul telaio. Chiesero la seta più bella e l'oro più prezioso, ne riempirono le borse e lavorarono con i telai vuoti fino a notte tarda.
“Mi piacerebbe sapere come proseguono i lavori per la stoffa” pensò a un certo punto l’imperatore “manderò il mio vecchio bravo ministro dai tessitori: lui potrà certo vedere meglio degli altri come sta venendo la stoffa, dato che ha buon senso e non c'è nessuno migliore di lui."
Il vecchio ministro entrò nel salone dove i due truffatori stavano lavorando con i due telai vuoti.
"Dio mi protegga!" pensò, e spalancò gli occhi "non riesco a vedere niente!"
Ma non lo disse.
Entrambi i truffatori lo pregarono di avvicinarsi di più e chiesero se i colori e il disegno erano belli, indicando i telai vuoti.
Il povero ministro continuò a sgranare gli occhi, ma non poté veder nulla, perché non c'era nulla.
"Signore!" pensò "forse sono stupido? Non l'ho mai pensato ma non si sa mai.
Forse non sono adatto al mio incarico? Non posso raccontare che non riesco a vedere la stoffa!"
"È splendida! Bellissima!" disse il vecchio ministro guardando attraverso gli occhiali. "Che disegni e che colori! Sì, sì, dirò all'imperatore che mi piacciono moltissimo!"
Gli imbroglioni richiesero altri soldi, seta e oro, necessari per tessere e si misero tutto in tasca: sul telaio non giunse mai nulla, e loro continuarono a tessere sui telai vuoti.
L'imperatore inviò poco dopo un altro onesto funzionario per vedere come proseguivano i lavori e quanto mancava prima che il tessuto fosse pronto.
A lui successe quello che era capitato al ministro: guardò con attenzione, ma non c'era nulla da vedere se non i telai vuoti, e difatti non vide nulla, lodò la stoffa che non vedeva e riferì poi all'imperatore: "Sì, è proprio magnifica."
Tutti in città parlavano di quella magnifica stoffa, tutti sapevano che straordinario potere avesse e tutti erano ansiosi di scoprire quanto stupido o incompetente fosse il loro vicino.
L'imperatore volle quindi vederla personalmente mentre ancora era sul telaio.
Con un gruppo di uomini scelti, tra cui anche i due funzionari che già erano stati a vederla, si recò dai furbi truffatori che stavano tessendo con grande impegno, ma senza filo.
"Non è magnifica?" esclamarono i due bravi funzionari.
"Sua Maestà guardi che disegno, che colori!" e indicarono il telaio vuoto.
"Come sarebbe!" pensò l'imperatore. "Io non vedo nulla! È terribile! sono forse stupido? o non sono degno di essere imperatore?"
"Oh, è bellissima!" esclamò e ammirava, osservandolo soddisfatto, il telaio vuoto.
Tutto il suo seguito guardò con attenzione, e tutti dissero ugualmente: "È bellissima" e consigliarono all’ imperatore di farsi un vestito con quella nuova meravigliosa stoffa e di indossarlo al corteo che doveva avvenire entro breve tempo.
Tutta la notte che precedette il corteo i truffatori restarono alzati con sedici candele accese: così la gente poteva vedere che avevano da fare per preparare il nuovo vestito dell'imperatore.
Finsero di togliere la stoffa dal telaio, tagliarono l'aria con grosse forbici e cucirono con ago senza filo, infine annunciarono: "Ora il vestito è pronto."
Giunse l'imperatore in persona con i suoi illustri cavalieri, e i due imbroglioni sollevarono un braccio come se tenessero qualcosa e dissero: "Questi sono i calzoni…e poi la giacca …e infine il mantello!" e così via.
"La stoffa è leggera come una tela di ragno! si potrebbe quasi credere di non aver niente addosso, ma e proprio questo il suo pregio!".
"Sì!" confermarono tutti i cavalieri, anche se non potevano vedere nulla, dato che non c'era nulla.
"Vuole Sua Maestà Imperiale degnarsi ora di spogliarsi?" dissero i truffatori "così le metteremo i nuovi abiti proprio qui davanti allo specchio."
L'imperatore si svestì e i truffatori finsero di porgergli le varie parti del nuovo vestito.
"Come le sta bene! come le dona!" dissero tutti.
"Che disegno! che colori! È un abito preziosissimo!"
"Sì -rispose l'imperatore- mi sta proprio bene!"
E si rigirò ancora una volta davanti allo specchio.
Quindi l'imperatore aprì il corteo sotto un bel baldacchino e i ciambellani che dovevano reggere lo strascico finsero di afferrarlo da terra e si avviarono tenendo l'aria, dato che non potevano far capire che non vedevano niente.
La gente che era per strada o alla finestra diceva: "Che meraviglia i nuovi vestiti dell'imperatore! Come gli stanno bene!".
Nessuno voleva far capire che non vedeva niente. Nessuno dei vestiti dell'imperatore aveva mai avuto una tale successo.
"Ma non ha niente addosso!" disse ad un certo punto un bambino.
"Signore sentite la voce dell'innocenza!" replicò il padre, e ognuno sussurrava all'altro quel che il bambino aveva detto.
"Non ha niente addosso! C'è un bambino che dice che non ha niente addosso!"
"Non ha proprio niente addosso!" gridava alla fine tutta la gente.
E l’imperatore rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò:
"Ormai devo restare fino alla fine."
E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era.
Attilio… guerriero delle idee…che vieni dal tuo mondo di astrazioni a dissestare il mio ordinamento intellettuale…e mi lasci confuso e te ne vai da dove sei venuto…Attilio, scherzi a parte, che cosa ci vuoi dire alludendo alla storia di questo imperatore?
...mi sono chiesto cosa sono questi vestiti che tutti dicono di vedere e che non ci sono ... come fa questo bambino a dichiarare una cosa così ovvia, cioè che il re è nudo?...
Il bambino vede la realtà fondamentalmente perché è ancora parzialmente fuori da un contratto sociale che lega tutti noi... *
Ah questa sì che la capisco bene…Attilio mio…quelli della favola vedono che non ci sono i vestiti, ma non hanno il coraggio di dirlo per paura di essere considerati stupidi e allora si immaginano che ci sia quello che loro non vedono e che dall’alto viene detto che c’è…e se viene loro il dubbio che sia tutto un imbroglio se ne stanno zitti per non perdere la loro credibilità…insomma accettano una menzogna per essere credibili…non credono alle proprie percezioni e credono a quello che si dice…roba da pazzi!...
gli schemi sociali ideologici, il pensiero dominante, cioè il modo di vedere il mondo, le convenzioni e le mode … sono i vestiti immaginari che offrono una copertura alla nuda realtà…e per ritornare alla realtà bisogna ritornare all’ingenuità dell’infanzia…
Ma dimmi ancora qualcosa che mi aiuti a elevare il mio bagaglio eclettico pragmatico…
...l’invito che vorrei farvi è di cercare di essere un po’ stupidi insieme, almeno un po’ ingenui, per guardare le cose che ci riguardano tutti i giorni...e con questa chiave di lettura porci la domanda...siamo sicuri che l’utopia è qualcosa che non c’è o magari è la realtà che non riusciamo mai a raggiungere?...
Il dialogo con lo specchio comincia nella meraviglia dell’infanzia: un insieme di proiezioni fisiche e psichiche. Lo stupore iniziale si trasforma solitamente e gradualmente in un gioco d’immagini percepite e immaginate, di elaborazioni mentali e comportamentali.
La mia esperienza personale può essere un esempio.
Verso i sei anni avevo inventato un nome per la mia immagine allo specchio: era Giuseppino un mio amico segreto.
Con lui parlavo di me e di lui, in dialoghi che davano voce a sentimenti e pensieri nascosti.
Avevo una madre e un padre presenti e positivi, tre fratelli minori vivaci e socievoli, ma c’era anche qualcosa che non andava, che non riuscivo a capire e di cui non mi sentivo di parlare.
Giuseppino rappresentava questo mio bisogno: con lui riuscivo a parlare.
Era l’incontro del mio “io consapevole” con “un altro me” nascosto e viscerale, in una dinamica di graduale integrazione.
Il dialogo allo specchio è stato per me formativo: mi ha aiutato a liberare e a solidificare alcuni aspetti della mia personalità.
Tuttavia lo specchio può essere anche deformativo.
Indubbiamente il controllo del nostro aspetto è di grande utilità, ma non bisogna dimenticare che non vediamo “come siamo” ma soltanto “come siamo allo specchio in quel momento”.
Noi allo specchio siamo diversi da noi nel mondo.
L’equivoco e la confusione sono molto diffusi e la mia professione mi mette in contatto con questa distonia e con le sue induzioni a costruzioni immaginative deformative del proprio sé, che in presenza di determinate condizioni strutturali possono concorrere a disequilibri comportamentali (ossessivi, narcisistici, paranoici, psicopatici).
Il setting psicoterapeutico può essere, per il paziente e per l'analista, uno specchio formativo che dialoga anche con le proiezioni “deformative”.
Da ANALISTI ALLO SPECCHIO Ritratti da Armando Rotoletti,
Ed. Moretti &Vitali, Bergamo dicembre 2023
Osservando le offerte formative delle varie scuole di formazione in psicoterapia, mi sono chiesto come potesse apparire ai potenziali candidati l’evidenza che le richieste di ore di psicoterapia individuale della nostra scuola fossero superiori alla maggior parte delle altre scuole.
Un legame con una tradizione che ci lega al passato?
Mi è venuta l’idea di interpellare l’Intelligenza Artificiale: ho chiesto al chatbot chatgpt di scrivere un breve articolo con titolo” L’importanza dell’analisi personale nella formazione dello psicoterapeuta”
Ne ho tratto la confortante conferma che l’analisi personale nella formazione psicoterapeutica è ritenuta fondamentale.
L’Intelligenza Artificiale con i suoi algoritmi che attingono dati da un database molto vasto, la classifica come condizione indispensabile.
Quindi la nostra Scuola, che la pone al centro della formazione, è radicata alla sua tradizione storica e insieme solidamente ancorata a un presente di avanguardia.
Qui di seguito il testo scritto “in collaborazione” con AI (CHAT GPT3) - tempo di lettura 4 minuti
L’importanza dell’analisi personale nella formazione dello psicoterapeuta
L'analisi personale è un elemento fondamentale nella formazione psicoterapeutica.
Si tratta di un percorso in cui lo psicoterapeuta in formazione esplora le proprie dinamiche inconsce per sviluppare una maggiore consapevolezza di sé, imparare a gestire il controtransfert e sviluppare una propria maggiore capacità di empatia e comprensione.
Consapevolezza di sé
L'analisi personale aiuta a esplorare i propri schemi emozionali, cognitivi e comportamentali inconsci, che contribuiscono alla produzione dei movimenti emotivi, dei comportamenti e dei pensieri consapevoli.
Una comprensione profonda di questi schemi è essenziale per individuare e comprendere i modelli relazionali personali, in modo da evitare che possano influenzare la relazione terapeutica e il lavoro con i pazienti.
Dai primi di marzo, in corrispondenza con il lockdown, ho iniziato un lavoro regolare on line con una ventina di miei clienti che hanno scelto di continuare la terapia in questa modalità, con colloqui di consulenza aziendale e con alcune persone come volontariato nell’ambito dell’iniziativa #Noicisiamo del Progetto di Sostegno Psicologico – SIAB - FIAP - Ministero della Salute.
Non è stata per me un’esperienza del tutto nuova in quanto avevo già da anni fatto colloqui da remoto nei casi in cui non era possibile un lavoro in presenza.
Le esperienze delle sedute on line mi hanno portato ad alcune riflessioni che intendo qui esporre.
IL SETTING ON LINE
-Quello del setting, cioè della postazione è stato un problema rilevante, fondamentalmente un problema di privacy rispetto ai conviventi e ai vicini: le percezioni passano in effetti attraverso questo filtro emozionale.
Si tratta di un filtro attraverso il quale è costretto il colloquio, che può indurre stati d’animo congiunturali e atteggiamenti che possono deviare il lavoro.
Ad esempio la presenza in una stanza adiacente di un consorte con cui si è avuta una discussione aggressiva può indurre comportamenti di compensazione in direzioni diverse, a seconda del ruolo avuto nello scontro precedente e del carattere personale, e ciò non solo per dimostrare qualcosa all’altro che potrebbe sentire, ma in primo luogo a se stessi.
Insomma quello spazio protetto che è il setting dello studio è perduto.
Quindi a mio parere è fondamentale che siano sempre esplicitate ed eventualmente “discusse” le condizioni del setting.
Una soluzione alternativa che ho proposto, quando necessaria, e da alcuni accettata, è stata quella di usare l’auto come spazio più protetto: essendo le città in quel momento abbastanza deserte, l’esposizione alla vista altrui non è stata sentita come un problema.
https://books.google.it/books?id=K6N58pvMavoC&pg=PA92&lpg=PA92&dq=i+sogni+sono+autocurativi&source